Uno dei punti di raccolta a Cesena dopo l'alluvione di maggio 2023.
DOMENICA 22 OTTOBRE 2023 | DI CLAUDIO VENTURELLI | TEMPO DI LETTURA: 1 MINUTO
*Questo articolo è uscito nel numero di Settembre-Ottobre 2023 di Terre & Culture come Editoriale
Questo numero davvero “speciale” ci porta a fare riflessioni importanti, piene di emozioni e ricordi, di eventi i cui segni sono ancora ben presenti su tutto il territorio colpito dalle alluvioni di maggio. È importante mantenere viva la memoria del disastro che ha colpito la Romagna e che ha visto coinvolta la pianura e la collina. Ma va anche ricordato come la gente di Romagna abbia lavorato e sta lavorando per poter contrastare ciò che è stato. È bello ricordare i volti delle migliaia di volontari che si sono riversati nelle strade proprio intonando la canzone simbolo di questa terra “Romagna, Romagna mia, lontan da te non si può star”. Tra le strade di Cesena in quei giorni si sentiva risuonare l’inno romagnolo per eccellenza, come stimolo per coloro che stavano spalando il fango dopo la terribile e tragica esondazione del fiume Savio. La canzone era intonata in gruppo da centinaia di persone, giovani e meno giovani, che armati di pale, vanghe e stivali di plastica stavano sgomberando e liberando le strade invase dalla melma o aiutando chi aveva bisogno di liberare i locali allagati. Di loro, giovani armati di stivali di gomma e pala, in giro per le strade della Romagna per aiutare chi aveva perso tutto nell’alluvione, se ne è parlato per settimane e ancora oggi dobbiamo continuare a parlarne perché da quel gesto di solidarietà possano prendere spunto nuove forme di gestione di un territorio troppo antropizzato. Gli “angeli del fango”, con la loro voglia di aiutare e senso di solidarietà, sono stati lo stimolo per coloro che, in alcuni casi, hanno perso i loro cari e che non avevano e non hanno più una casa e un posto di lavoro. Grande tristezza ma anche altrettanto desiderio di risollevarsi per non perdere la speranza. Giornali e telegiornali riprendevano in continuazione le notizie diffuse sui social dove si potevano vedere centinaia di ragazzi lasciare i loro studi e le loro attività per prestare soccorso. Li hanno chiamati “angeli del fango” e a ripensarci oggi, lo sono stati davvero. Molti erano studenti universitari provenienti anche da altre regioni italiane e, a dispetto di ciò che in genere si dice dei giovani italiani, questi ragazzi hanno dato una lezione a tutti i loro coetanei e a tutti noi.