Le foreste ricoprono oggi circa il 31% della superficie del pianeta, pari circa più o meno a 4 miliardi di ettari, ovvero circa a 0,52 ettari a persona, a fronte dei dieci milioni che ogni anno nel mondo spariscono, sia per la conversione da parte dell'uomo del suolo ad altri usi, come l'agricoltura intensiva, sia per l'urbanizzazione o incendi (ph: Fabio Cappello | Unsplash).
Impariamo ad ascoltarle
MARTEDI 19 DICEMBRE 2023 | DI CLAUDIO FRANZONI | TEMPO DI LETTURA: 2 MINUTI
*Questo articolo è uscito nel numero di Novembre-Dicembre 2023 di Terre & Culture nella rubrica TerraNews
Esistono da milioni di anni, hanno assistito ai grandi sconvolgimenti del pianeta, temperature glaciali e siccità; hanno sopportato pazientemente i disastri provocati dall’uomo. Gli anelli ben visibili nei tronchi corrispondono ad anni difficili, i sottili, e anni più propizi, i più evidenti. Hanno bisogno di tempo per crescere e non hanno difese se non il buon senso degli uomini. Una volta raggiunta la maturità devono compiere la loro missione che, oltre ad essere luogo di biodiversità, è assorbire, attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana, circa il 30% della CO2 dall’atmosfera per trasformarla in ossigeno, senza chiederci nulla in cambio. E per gli alberi da frutto produrre frutta. È questa la loro vita: assorbire i nutrimenti necessari alla loro vita dal sole, dalle radici, dall’acqua e nel contempo trasformare ed incamerare nel tronco e nel terreno circostante la CO2 scartata dal processo fotosintetico.
E più le piante sono longeve più assolvono a questo compito. Per questo motivo le foreste vergini, ossia quelle in cui l’uomo non è entrato portando il suo carico di distruzione, sono quelle in cui l’ecosistema riesce a trovare l’equilibrio tra nascita e morte e sono le più attive nel produrre ossigeno e nel contenere la CO2. Per questo motivo, uno dei tanti, è indispensabile preservare le foreste e prendercene cura. Hanno ricevuto questi compiti e li hanno assolti nella logica della Natura dove ogni processo ha un senso ben preciso, ogni frammento di mondo naturale ha una sua specifica funzione. Basti pensare all’impollinazione e alla meraviglia delle società delle api e delle formiche che hanno trovato nei millenni la via per la completa collaborazione, cosa che noi umani non siamo riusciti a fare. È una regola fondamentale della Natura quella della collaborazione per arrivare ad un risultato significativo.
E per gli alberi, ne sono le radici che formano un reticolo infinito che esplora il terreno per questioni alimentari, ma anche per informare del pericolo l’intera foresta e, per noi, di creare una rete che mantiene fermo il terreno. Le piante, queste sconosciute, sono vive, si parlano, alla loro maniera: le più adulte inviano, sempre tramite le radici, soluzioni zuccherine agli alberi più giovani e quindi più in pericolo; pur essendo radicate nel terreno, sono in grado di muoversi attraverso i semi senza spostarsi dal luogo d’origine, impossessando gli spazi abbandonati e così svolgere le strategie evolutive per portare più lontano possibile i semi ed aumentare la variabilità genetica e per sopportare le condizioni climatiche avverse. Grazie a questa innata capacità di innovazione la foresta è la comunità di viventi più longeva al mondo.
La Natura bisogna amarla, capirla e mantenerla nella sua bellezza.
La Natura ci aveva offerto tutto quello che ci serviva e, nella sua logica, anche soluzioni ai problemi che ci attanagliano, come per gli alberi la già ricordata fotosintesi e la gestione della CO2 e dell’ossigeno. Invece, disboscare, non mantenere e gestire, bruciare, questi sono i verbi che hanno disseminato la nostra storia.